Essere genitori di adolescenti transgender

Essere genitori di adolescenti transgender

In questo breve articolo mi concentrerò su cosa significa essere genitore di un bambino o di un adolescente transgender. Cercherò di descrivere le reazioni più comuni che i genitori mostrano quando il loro figlio o la loro figlia fa coming out come persona trans. Nella mia esperienza di conduzione di un gruppo per genitori di adolescenti trans, le reazioni sono piuttosto comuni. Esse trovano la loro radice negli stereotipi diffusi nella nostra società e nella mancanza di modelli positivi offerti dai media. 

Il coming out di un figlio o di una figlia come persona transgender è un’esperienza che spesso i genitori vivono come altamente destabilizzante. Superato quello che per molti di loro è un vero e proprio shock, seguono alcune reazioni che appaiono molto comuni. Di seguito cercherò di descriverle nel dettaglio.

Isolamento e Vergogna

Le persone trans costituiscono una minoranza numerica della popolazione e hanno poca visibilità nei media.

Molti genitori si sentono quindi completamente isolati e “persi” nella loro esperienza. Spesso hanno la sensazione di essere gli unici al mondo ad affrontare questo problema, senza poter pensare a nessun possibile interlocutore nella loro cerchia di conoscenti o amici.

Questa sensazione si associa spesso a un senso di vergogna che rinforza ulteriormente l’isolamento. Alcuni genitori si sentono senza speranza nel riuscire a gestire al meglio la rivelazione del proprio figlio.

Spesso i genitori temono di parlarne con chiunque, persino con gli altri membri della famiglia. Capita ad esempio che i fratelli o le sorelle dell’adolescente vengano tenuti deliberatamente all’oscuro (perchè troppo piccoli e potrebbero essere “traumatizzati” dalla notizia). Questo atteggiamento vale anche per gli altri familiari come i nonni o gli zii (“Sono troppo anziani per capire”, “Sono intolleranti”, “Chissà cosa penseranno”).

Il senso di segretezza e l’omertà alimentano ulteriormente l’isolamento e attivano un circolo vizioso che è necessario spezzare prima possibile.

Non solo si tratta di un tema di cui si può parlare, ma anzi se ne deve parlare.

In fondo a quest’articolo sono riportati alcuni servizi e associazioni a cui rivolgersi.

Senso di colpa

Per molti genitori venire a conoscenza dell’identità transgender di un figlio o di una figlia porta a interrogarsi sulle proprie “responsabilità”.

Alcuni genitori si chiedono se siano stati troppo permissivi (ad esempio permettendo al figlio di giocare con le bambole) o, all’opposto, troppo rigidi (ad esempio non concedendo alcuna libertà nell’espressione di genere).

É bene ricordare che nessuno è mai riuscito a dimostrare un’associazione tra specifiche pratiche o stili genitoriali e l’identità trans di un figlio o di una figlia.

Attribuire a qualcuno la responsabilità della propria condizione rappresenta l’ultima delle preoccupazioni degli adolescenti transgender che, lungi dal puntare il dito contro i genitori, chiedono solo di essere accettati per chi sono realmente.

Infine, ricordiamoci sempre che siamo abituati a ricercare le cause solo di qualcosa che percepiamo come sbagliato, distorto o malato. Non è quindi il caso della varianza di genere, che riflette semplicemente la normale variabilità delle identità degli esseri umani. Il solo fatto di porci il problema delle cause significa che siamo sulla strada sbagliata.

Negare/minimizzare

Si tratta di una reazione, ahimè, molto frequente. I genitori possono ad esempio pensare che si tratti solo di “una fase” e che, crescendo, il figlio “ne verrà fuori” spontaneamente.

Altri genitori attribuiscono il coming out del figlio alla “confusione” o all’immaturità dell’adolescenza. Essi pensano che non sia possibile raggiungere questo tipo di consapevolezza in una fase della vita in cui la persona non è ancora pienamente responsabile. In questo caso, la soluzione che viene adottata è quella di attendere, nella speranza che il figlio o la figlia “ritratti” le sue parole in futuro.

Questa tendenza è particolarmente accentuata nel caso in cui il figlio o la figlia non abbia mai manifestato, dai primi anni di vita, comportamenti o atteggiamenti non conformi al suo genere assegnato alla nascita. Il coming out del figlio adolescente diviene quindi qualcosa di “inspiegabile” (se non inconcepibile), non ricollegabile ad alcun evento della sua storia passata.

Ancora, i genitori tendono a negare quando il coming out del figlio come persona trans segue un precedente coming out come gay o lesbica. Questo, agli occhi dei genitori, appare un chiaro segno di “confusione”, e il figlio  viene percepito come “in cerca di un’identità”.

Alcuni genitori minimizzano con frasi del tipo “Non puoi essere semplicemente gay o lesbica?”, mettendo in luce la propria confusione fra vari aspetti dell’identità sessuale, in questo caso tra orientamento sessuale e identità di genere.

Infine, la tendenza a negare o minimizzare (talvolta persino ridicolizzare) si trova spesso applicata all’esperienza di adolescenti “non binari”, i cui vissuti sono in genere di più difficile comprensione per i genitori.

Delega della responsabilità genitoriale

Quando vengono all’attenzione di un professionista della salute mentale, i genitori si mettono in uno stato di delega completa della propria responsabilità al professionista.

É il professionista a dover dire se il figlio o la figlia sia “veramente trans”, o se sia possibile formulare una qualche diagnosi. Solo allora si potrà prendere in considerazione la possibilità di agire in qualche modo (comunicarlo al resto della famiglia, cominciare a utilizzare il nome di elezione, parlarne con gli insegnanti ecc.).

Si tratta chiaramente di un movimento a cui il professionista deve sottrarsi. I genitori saranno sempre loro! Devono assumersi la responsabilità delle conseguenze di ciò che decidono (o non decidono) di fare in risposta alle richieste del figlio.

Lutto e perdita

Si tratta di una reazione che molti genitori descrivono come una tappa fondamentale nel percorso che porta all’accettazione.

I genitori devono cioè affrontare la perdita del figlio o della figlia che hanno conosciuto fino a quel momento e prepararsi ad accoglierne uno di un genere diverso.

Per quanto si tratti di una reazione umanamente comprensibile, ci sono due aspetti che trovo particolarmente problematici.

Il primo è che la narrativa del lutto alimenta il senso di colpa nel figlio o nella figlia. In questo modo, il figlio viene reso responsabile della sofferenza che i genitori stanno vivendo in quel momento.

Peraltro è importante sottolineare che il lutto dei genitori accompagna una fase di tono diametralmente opposto del figlio, in cui i vissuti sono piuttosto di euforia, liberazione e rinascita (si parla a questo proposito di euforia di genere).

Il secondo aspetto problematico è che il tempo dedicato a questo “lavoro del lutto” è tempo prezioso che viene sottratto all’accompagnare il figlio in un momento in cui ha maggior bisogno del supporto dei genitori.

Incertezza sul futuro

Molti genitori associano immediatamente l’essere trans con una vita ai margini, senza la possibilità di conseguire un titolo di studio, trovare un lavoro stabile o avere una relazione sentimentale significativa.

Queste aspettative sono il riflesso del fatto che la visibilità delle persone trans nei media riflette spesso stereotipi e cliché e non la realtà.

Si tratta, quindi, di aspettative del tutto irrealistiche e completamente infondate.

Per questo è importante che i genitori entrino in contatto, prima possibile, con altri genitori di adolescenti trans e con le associazioni LGBT disponibili sul territorio.

Conclusioni

Molte di queste difficoltà sarebbero evitabili facendo presente, a qualsiasi coppia di genitori in attesa di un figlio, che quel figlio potrebbe essere una persona LGBT.

Uno dei messaggi più chiari che viene dalle ricerche in quest’area è che accogliere l’identità del figlio e della figlia è il modo più semplice ed efficace per garantire un maggior benessere psicologico.

Alcune risorse utili

Agedo (Associazione di genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans) è un’associazione con sedi in tutto il territorio nazionale cui è possibile rivolgersi per entrare in contatto con altri genitori che hanno vissuto esperienze simili.

Infotrans: portale dell’Istituto Superiore di Sanità che contiene molte informazioni e risorse utili, incluso l’elenco dei centri specialistici a cui rivolgersi, su tutto il territorio nazionale.

Per i genitori che vivono nel territorio lombardo, il mio consiglio è di rivolgersi allo Sportello Trans di ALA Milano Onlus.

Bambini e adolescenti transgender” di E. Nealy (Giovanni Fioriti Editore) è un testo molto utile per genitori e professionisti.

Questo è il link ai risultati della ricerca pubblicata con alcuni colleghi a partire dalle interviste in profondità di alcuni genitori di adolescenti trans.

Se sei un professionista della salute mentale e desideri approfondire questi temi, è in programma un ciclo di webinar il cui elenco completo è consultabile qui.

Infine, se sei un genitore di un bambino o di un adolescente transgender, è possibile contattarmi a questi recapiti per un consulto.

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Sug. Antonio Prunas
Grazie per non aver pubblicato il mio commento. Lei non è in grado di controbattere ragionevolmente alle mie argomentazioni. E’ molto semplice pubblicare un articolo e censurare ogni tentativo di dialogo.
Forse non è un caso che non esistano commenti al suo articolo, li ha censurati tutti?

Gentile signore, nessuna censura e nessun tentativo di evitare il confronto su questi temi. I contenuti dell’articolo sono il risultato di una riflessione a partire dalla mia esperienza con molti genitori di adolescenti trans quindi, ovviamente, non necessariamente riflettono la sua esperienza personale. Ciò detto, quando un adolescente fa coming out dichiarando ai genitori di essere una persona trans, lo fa dopo una riflessione molto lunga e profonda e non c’è alcun motivo di mettere in dubbio aprioristicamente ciò che riferisce. I dubbi, nella maggior parte dei casi, sono dei genitori, non del figlio o della figlia. Nessun professionista può certificare o “verificare” che una persona sia “davvero trans”: lo è per il semplice fatto che dice di esserlo.

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